MUAMMAR GHEDDAFI: IL PROSSIMO A CADERE?

Anche la Libia nel turbine rivoluzionario. La rivoluzione araba non conosce i confini e ci mostra la strada.

Le proteste scoppiate nelle principali città libiche (con gli stessi slogan antiregime scanditi in Egitto e Tunisia, con la distruzione delle piste degli aeroporti per fermare l’invio di ulteriori truppe, con la liberazione dei prigionieri catturati) stanno a dimostrare che la rivoluzione araba non conosce frontiere.
Come volevasi dimostrare, Gheddafi, al pari dei suoi simili Mubarak e Ben Ali, usa il pugno di ferro uccidendo i manifestanti. E come sempre succede, situazioni come queste dimostrano come il potere, messo in discussione dagli oppressi, manifesti delle crepe: è il caso di alcuni membri storici dei cosiddetti “comitati rivoluzionari” (strutture politiche nate in seguito al rovesciamento della monarchia di re Idris nel 1969 e a sostegno del potere del colonnello) che hanno rassegnato le loro dimissioni per protesta contro i metodi utilizzati, o anche quello della fraternizzazione di diverse unità dell’esercito con il popolo insorgente (in particolar modo nella città di Bengasi, il cuore della rivolta) creando ulteriori condizioni oggettive per la rivoluzione.
Per capire le politiche di stampo capitalista che stanno impoverendo la popolazione e sempre più polarizzando la società della “Grande Repubblica Araba di Libia Popolare e Socialista” (il nome ufficiale…), occorre andare indietro di qualche anno. Con la revoca, sul finire degli anni ’90, delle sanzioni imposte dall’Onu nel 1991 in seguito alla strage di Lockerbie, e dopo essere stata cancellata dalla lista degli stati canaglia nel 2006 dagli Usa, la Libia, secondo il principio “do ut des”, ha iniziato a smantellare gran parte della vecchia economia controllata dallo Stato, “consigliata” dalla Banca Mondiale, dall'FMI, dall'Unione europea e dagli Stati Uniti. Le privatizzazioni sono state accompagnate da tagli alla spesa pubblica (come ad esempio quelli relativi alle sovvenzioni previste per gli alimenti primari, con un aumento dei prezzi dell’85% da quando tali sovvenzioni sono state revocate). Queste politiche sono le stesse adottate da Egitto e Tunisia e ora stanno producendo le stesse conseguenze sociali e politiche con le masse decise a prendere il proprio destino nelle loro mani. La classe operaia libica ha così l’occasione per rovesciare Gheddafi, un moderno Bonaparte che dal 1969 detiene il potere e che è passato da un vago antimperialismo ammantato di retorica socialista (chiese la restituzione delle basi straniere; avviò una politica di nazionalizzazioni ad iniziare dall’industria petrolifera; propagandò il passaggio dei poteri alle masse attraverso i comitati popolari che comunque non avevano nessun potere decisionale; si fece promotore come Nasser dell’unità araba  pur espellendo dalla Libia lavoratori tunisini ed egiziani e il rappresentante dell’Olp) ad un ruolo subalterno alle democrazie borghesi occidentali una volta mutato lo scenario politico a livello internazionale. L’amicizia con Berlusconi (il quale ha detto chiaramente che non intende disturbarlo nella sua spietata repressione di questi giorni) ne è un’ulteriore conferma.
Non si sa come andrà a finire, ma come Mubarak ha tentato di rovesciare la situazione a suo favore annunciando aumenti di salari e pensioni (soluzioni che però in una rivoluzione non hanno l’effetto di placare gli animi), lo stesso ha fatto Gheddafi nel tentativo di arginare le proteste. Cosa che non è avvenuta affatto. Siamo quindi fronte ad una rivoluzione che si sta estendendo oltre i confini e che vede la classe operaia del mondo arabo principale protagonista degli avvenimenti nonostante a tutt’oggi manchi il fattore soggettivo, il partito rivoluzionario necessario per questo obiettivo.
Lo storico Eric Hobsbawn nel suo “The age of Capital” parla del 1848 europeo in termini di rivoluzione continentale simultanea raramente ripetutosi. La sua natura liberale nasceva dal particolare contesto di capitalismo in ascesa. Ora i popoli arabi vivono il loro 1848, ma questa è una nuova era dove non c’è posto per illusioni di stampo democratico borghese. Per il  Socialismo!  من أجل الاشتراكية

Nessun commento:

Posta un commento