Una riflessione sulle amministrative del 15 e 16 maggio e sul referendum regionale contro il nucleare.
Il buon (emh…) Ugo Cappellacci, governatore della Sardegna, ha pensato bene di accorpare le amministrative con il referendum contro centrali e siti di stoccaggio di scorie nell’isola per evitare ulteriori cali di popolarità. Questo, va detto, era un appuntamento “consultivo” e quindi non vincolante, ma il fatto che il quorum previsto (del 33%) sia stato quasi raddoppiato, superando quindi anche quello che ci ritroveremo il 12 e 13 giugno, la dice lunga sulla mobilitazione messa in campo. Poche storie quindi sul fatto che si sia raggiunta questa percentuale soltanto perché “c’erano le amministrative”.
Il dato percentuale della provincia di Sassari è illuminante: laddove le comunali più partecipate riguardavano Sènnori (poco più di 7 mila abitanti) si è raggiunto tranquillamente il 54,42% (il quorum provinciale più basso a fronte di 66,24% del Sulcis Iglesiente). Anche questo un segnale di come stia cambiando il vento a livello generale. Una cosa infatti va detta: nonostante la campagna referendaria sia nata da una raccolta firme promosse dal movimento indipendentista Sardigna Natzione, l’esito del referendum va ben aldilà del “risveglio indipendentista” come si sostiene da quelle parti. Per prima cosa va detto che il comitato creatosi una volta raggiunte le firme necessarie ha visto la partecipazione e il contributo anche di forze “italianiste” come Rifondazione (cosa che ha fatto scatenare le ire dell’altro gruppo “A Manca pro s’Indipendentzia”, per questo motivo subito uscita dal comitato). In secondo luogo se paragoniamo l’esito maestoso del referendum con i voti del polo indipendentista (Irs, Sardigna Natzione, Republica de Malu Entu, scissionisti dei Rossomori) alle comunali di Olbia (qui anche con “A Manca”) e a quelle di Cagliari, vediamo che rispettivamente non si va oltre lo 0,64% e il 2,43%. Pessimo risultato anche per ProgRes, gli scissionisti di Irs che della formazione originale hanno mantenuto l’impostazione isolazionista: 0,48% a Olbia e 0,38% a Cagliari. Il progetto di unione delle forze indipendentiste è comunque a rischio per diversi motivi: da una parte le parole di Gavino Sale, leader di Irs sono state chiare durante l’incontro degli indipendentisti a Thiesi in occasione dei festeggiamenti dei moti angioini del 1794. Secondo Sale un esito positivo delle amministrative poteva apportare nuova linfa al progetto di convergenza, diversamente «ognuno a casa sua». Al tempo stesso la possibilità di Claudia Zuncheddu (candidata a sindaco a Cagliari) di sostenere al ballottaggio il suo collega di gruppo regionale (la sinistra sarda), Massimo Zedda di Sel, potrebbe produrre ulteriori frizioni. Vero è però che il referendum è passato in secondo piano per i guru di questa sinistra sarda impegnati maggiormente alla conquista di preferenze alle amministrative (non un solo manifesto di propaganda indiretta è stato affisso, in quanto neanche stampato). Nonostante la base di Rifondazione e delle altre forze di sinistra abbia generosamente contribuito alla campagna, rimane, nella percezione dei lavoratori e dei giovani sardi, la triste gerarchia secondo la quale la ricerca spasmodica del seggio è sempre al primo posto.Il vento sta cambiando anche in Sardegna, e non si può scindere questa volontà di cambiamento con i processi “italiani”. Il Pdl anche qua risente della crisi del berlusconismo (in due anni persi più di 30 mila voti). Al tempo stesso la sinistra tiene. Se è a Olbia si è dispersa tra coalizioni (quella che ha sostenuto il destro Giovannelli) e liste (nè di destra, nè di sinistra) civiche, a Cagliari mantiene, seppur in alleanza col centrosinistra, una propria fisionomia con un 7% di Sel e con un 2,72% della Fds. Alle regionali del 2009 nel comune di Cagliari le liste di sinistra (Prc, Pdci e la Sinistra per la Sardegna avevano insieme il 6,58%). Ma anche qua restano aperti diversi problemi sui quali la voce della sinistra manca, e quando si sente timidamente poche sono le risposte all’altezza: desertificazione industriale, vertenza pastori, Equitalia, militarizzazione del territorio. C’è molto da investire, se lo si vuole.
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