NASCE L’ANPI A SASSARI: APPUNTI PARTIGIANI

Il congresso fondativo dell’Anpi a Sassari inserito nella particolare fase di crisi del capitalismo e della sinistra.

Nella particolare crisi delle strutture tradizionali della sinistra sassarese la nascita dell’Anpi (con tre sezioni che a breve saranno costituite nella provincia: Sassari, Mejlogu e Ozieri) rappresenta un fatto positivo. È fin troppo facile per chi scrive trovare una correlazione tra la spasmodica ricerca di un posto al sole nella Sala Sciuti o a Palazzo Ducale (rispettive sedi dei consigli provinciale e comunale) e questa crisi, al punto di vedere come la presenza di esponenti della sinistra non determini una sufficiente risposta ai casi di fascismo nella nostra zona.

Non parliamo solo dei casi di aggressioni razziste ai danni di extracomunitari o transessuali, delle celtiche e svastiche sui muri, ma anche, come fattoci notare dallo storico Aldo Borghesi, di zone di Sassari dove stanno insieme vie dedicate a partigiani e a fascisti fregiati di medaglie per le loro crudeltà nella guerra di Spagna. Aggiungiamo che fin troppo si concede a organizzazioni fasciste come Casapound, non solo nelle loro manifestazioni esteriori ma anche in termini di edilizia popolare, la quale del tutto insufficiente a Sassari, permette a questi loschi figuri di poter propagandare la loro proposta, peraltro demagogica, del mutuo sociale e di tentare il loro “sfondamento a sinistra”.
Perciò, in assenza di una sinistra popolare e organizzata che impedisca questi fenomeni, la nascita a Sassari dell’associazione partigiana può rappresentare un baluardo per la ripresa della coscienza antifascista della città.
Ma l’Anpi non si organizza solo a Sassari (e in altre province sarde). Quest’anno infatti si terrà (a marzo a Torino) il 15° congresso nazionale che si inserisce in un particolare contesto di crisi economica e, di riflesso, politica, con una classe dominante divisa su tutto. Questo dato dovrebbe porre fine a sinistra a quelle concezioni che vedono nella classe dominante un’organizzazione monolitica che ammorba il mondo con il suo “pensiero unico”. Il documento dell’Anpi parla esplicitamente di destra che “si divide”. Occorre ora una doverosa premessa: l’Anpi non è un’organizzazione partitica e ci si iscrive a livello individuale (seppure il segretario cittadino del Pd con fare tanto plateale quanto condannabile abbia dato l’adesione del suo partito); l’Anpi quindi non può avere una linea politica definita essendo la casa di tutti gli antifascisti italiani.
Ma l’Anpi è un’associazione democratica e quindi ci consentirà di dire che a una destra che si divide non si può contrapporre un’ecumenismo delle opposizioni (quali?) contro Berlusconi. Oltre ai pericoli di una opzione del genere, tale impostazione rischia di essere subito superata visti i riallineamenti della classe dominante tesa a scaricare il cavaliere nero (basti sentire la Marcegaglia) dopo essere stata costretta a sostenerlo dal 1994.
Questi riallineamenti sono in funzione proprio di larghe intese, non in chiave antifascista, bensì antioperaia per scaricare sui soliti i costi della crisi e per continuare a violare i diversi articoli della Costituzione ad esempio finanziando le scuole private (art. 34) e partecipando alle “missioni di pace” all’estero (art. 11). I giovani e i lavoratori della sinistra dovranno brindare alla caduta di Berlusconi, ma al tempo stesso dovranno tenere alta la guardia per quello che ci aspetta da questi democratici. Per questo sarebbe opportuna una spallata popolare, anche per spostare l’asse della politica sempre più a sinistra, piuttosto che una congiura di palazzo.
Tempo ne è passato dalla Resistenza e l’Anpi dei partigiani (ormai solo il 4% di tutti gli iscritti) non esiste più. Siamo però sicuri che i cambiamenti non saranno solo in tal senso. In tutta la società un ciclo si è ormai chiuso e se ne apre uno di crescente polarizzazione tra gli attori dello scontro sociale. Se i giovani (assenti al congresso) invaderanno l’Anpi, da un lato ci sarà sempre meno spazio per quei politici di professione (questi invece ben presenti) che ne sono attratti per i loro fini, e dall’altro faranno si che antifascismo e difesa della democrazia siano sempre più questioni di classe.

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