“SOCIALISMO” NASSERIANO E PANARABISMO

Luci (poche) e ombre (molte) sull’esperienza antimperialista e sul tentativo di unificare la nazione araba.

La storia contemporanea ci presenta un’altra rivoluzione in Egitto: quella che, condotta dal gruppo degli “Ufficiali liberi” del colonnello Gamal Abd el-Nasser nel 1952, ha rovesciato la monarchia corrotta di re Farouk. L’esperienza nasseriana ci è utile oggi per comprendere quale socialismo difendiamo e auspichiamo per i popoli arabi in lotta contro i “loro” regimi.
Nasser, come neppure Fidel Castro a Cuba qualche anno dopo, non si colloca subito nello scacchiere mondiale nell’area antimperialista. Dapprima cerca di convincere gli Usa dei suoi progetti per sviluppare un capitalismo nazionale indipendente; in seguito, e nello specifico, con la bocciatura da parte americana del progetto della costruzione della diga sul Nilo (ritenuta concorrenziale) Nasser decide di nazionalizzare la compagni privata  (con capitale britannico) che amministrava il canale di Suez in modo tale da utilizzare quegli utili per i suoi progetti. Nello scenario internazionale Nasser passò così da un atteggiamento filo Usa ad un avvicinamento (e anche ad una collaborazione) con l’Urss.
Questa forma di “socialismo arabo” (per altro non presente solo nell’Egitto di Nasser, ma anche nella Libia del primo Gheddafi e nei partiti Ba’ath in Siria e Iraq) era quindi una variante terzomondista del giacobinismo europeo. Se con la rivoluzione francese, in un’epoca di ascesa del capitalismo, la classe borghese ha avuto il suo ruolo progressivo cancellando l’ancien regime, in epoche successive, e in questo caso nel secondo dopoguerra in Egitto, non c’era una borghesia locale disposta a rompere con le strutture feudali esistenti. Da qui la necessità di Nasser di appoggiarsi sugli strati popolari dei lavoratori e dei contadini, guardandosi però bene dal coinvolgerli nella gestione del potere, dando vita ad un duro monopartitismo e arrivando persino alla cattura e all’internamento dei militanti comunisti e più in generale della sinistra.
Infine è nostro dovere affrontare la questione della nazione araba. Parliamo di nazione araba perché, nonostante le identità nazionali che si sono sviluppate più recentemente, abbiamo a che fare per un vasto spazio terrestre con una lingua, una cultura e una coscienza comune. Se diamo uno sguardo alla cartina geografica vediamo i confini degli stati attuali tracciati a squadretta dagli imperialisti per rafforzare il loro controllo sull’area. La risoluzione che venne approvata alla conferenza di pace di Parigi, nel 1919, parla chiaro: «È compito della conferenza separare alcuni territori comprendenti, per esempio, la Palestina, la Siria, i paesi arabi a est della Palestina e della Siria, la Mesopotamia, l’Armenia, la Cilicia e probabilmente alcuni territori dell’Asia Minore, e promuovere lo sviluppo delle loro popolazioni sotto la guida di agenti come mandatari della Società delle Nazioni». Nasser fu l’artefice principale del tentativo della riunificazione della nazione araba attraverso la creazione della Repubblica araba unita nel 1958 in cui fuse l’Egitto con la Siria, e successivamente, federandosi con lo Yemen del nord negli Stati arabi uniti.
L’unificazione araba in sé non aveva nulla di reazionario: da una parte cercava di abbattere dei confini creati dall’imperialismo, limitandone così la penetrazione di quest’ultimo, e dall’altra poteva permettere anche la mobilitazione delle masse arabe aprendo un processo i cui esiti avrebbero potuto andare anche oltre la rivoluzione democratica. Ma l’obiettivo principale fu di natura economica: creare un più vasto mercato come base per lo sviluppo del capitalismo arabo. La fuoriuscita della Siria, in seguito a un colpo di stato nel 1961, e la morte di Nasser nel 1970, conclusero l’esperimento, ma dimostrarono anche che su basi capitaliste era impossibile sia una vera indipendenza, sia la riunificazione della nazione araba, con le diverse borghesie legate all’imperialismo Usa. Solo l’autodeterminazione e l’autogoverno socialista può far raggiungere questi obiettivi a Tunisia, Egitto e a tutta la nazione araba.

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