L’EGITTO OGGI E LA RIVOLUZIONE DEI GAROFANI

Analogie e differenze tra la rivoluzione portoghese e quella egiziana nei rapporti tra esercito e popoli in lotta.

Le forze armate in una rivoluzione possono rappresentare un aspetto centrale e quello che abbiamo visto in Tunisia e in Egitto con le fraternizzazioni tra le masse e gli eserciti ne da un’ulteriore conferma. Questi, anche se con notevoli differenze da paese a paese, sono infatti uno specchio della società e ne riflettono le contraddizioni.
In assenza di un partito marxista di massa che guidi le masse verso la presa del potere, il ruolo dell’esercito, sotto le pressioni del movimento operaio, può contribuire alla decadenza del precedente regime anche alla luce del fatto che il potere dello stato - stanto a quanto spiegatoci da Marx e Engels - si riduce al controllo di corpi e uomini armati a tutela degli interessi della classe dominante. E in periodi rivoluzionari non è la borghesia a detenere il controllo della società.
La rivoluzione portoghese del 25 aprile del 1974, a differenza di quella egiziana le cui condizioni sono state preparate da ondate di manifestazioni, scioperi, occupazioni di fabbriche, rappresenta il classico caso di una  rivoluzione iniziata dall’alto proprio con un pronunciamento militare. Occorre precisare che quando diciamo che la rivoluzione comincia dall’alto ci riferiamo al modo di manifestarsi di alcuni suoi sintomi: questi possono manifestarsi ai vertici della società, nelle spaccature della classe dominante, ma tali spaccature hanno a che fare con le modalità su come mantenere un dominio, che però, è sempre messo in discussione dalla classe dominata.
Il dominio sulle colonie africane in Angola, Guinea e Mozambico era ormai insostenibile. La debole economia del paese non poteva più permettersi un notevole drenaggio di risorse. Al tempo la perdita di vite umane a causa della determinata guerriglia anticoloniale contribuiva a far crescere il malessere tra le forze armate. Tutto questo animava il dibattito: il generale Antonio de Spínola, governatore della colonia della Guinea dal ‘68 al ‘73, scrisse il libro “Portugal e o futuro” dove proponeva la creazione di una federazione lusitana come exit strategy senza però cedere il controllo di quei territori che dovevano rimanere in mani portoghesi. In seguito al rifiuto di ogni minima concessione e alla rimozione di Spínola, l’esercito, o meglio, la parte progressista di esso, il Movimento delle forze armate (Mfa) prese la palla al balzo. Così, la notte del 24 aprile del 1974 un gruppo di riservisti occupa la radio e un battaglione di cavalleria che prende e marcia per Lisbona abbattendo la dittatura di Caetano. Dopo una breve presidenza di Spínola e dopo i suoi tentativi golpisti, falliti grazie all’azione implacabile delle masse, vediamo che l’Mfa consolida il suo potere nazionalizzando le banche e le assicurazioni (che detenevano il 50% dell’industria portoghese e una larga fetta delle proprietà terriere) in seguito alle richieste dei lavoratori bancari e assicurativi (che certamente non rappresentano gli strati più avanzati del movimento operaio) e, in generale, il 75% delle industrie chiave e della terra.
Il “Times” dell’epoca titolò così una sua edizione: “Il capitalismo in Portogallo è morto!”. E questo era avvenuto senza un ruolo chiave dei partiti socialista e comunista, senza una piano coerente e guardandosi bene dal coinvolgere le masse ritenute senza mezzi termini dall’ammiraglio Coutinho «troppo ignoranti» per gestire il potere. Alla fine il capitalismo venne restaurato.
Quel che qui conta è cercare di dare una prospettiva alla rivoluzione egiziana e araba analizzando le forze in campo: da una parte un esercito che ha solidarizzato con la rivoluzione e che ora gestisce il potere prima delle nuove elezioni, dall’altra una classe operaia fortissima che dal 2004 sta dimostrando di che pasta è fatta e che potrebbe evolversi passando dalle semplici richieste sindacali a quelle di natura più politica. La recente costituzione della Federazione egiziana dei sindacati indipendenti è un primo passo in questa direzione. Finita la prima fase della rivoluzione, buttato giù Mubarak, ora inizia la seconda. Fino al socialismo!

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