NUCLEARE: IL GOVERNO PREPARA LA TRAPPOLA

Ecco un chiaro disegno smobilitante alla luce del crescente consenso per le posizioni antinucleariste.

Con un colpo di scena il governo Berlusconi ha deciso di accantonare il programma nucleare, andando oltre la moratoria già annunciata, con l’intenzione di abrogare tutte le norme previste per la realizzazione degli impianti nucleari. L’ordinamento italiano prevede che se prima del referendum il Parlamento modifica la legge ad esso sottoposta, Cassazione permettendo, si ha l’annullamento della consultazione.

L’abrogazione di queste norme, proposta grazie ad un emendamento presentato da Francesco Rutelli, non sono quindi una semplice modifica del decreto legge, il n. 112, convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 per la «realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare», quanto l’obiettivo al quale, seppur con modi diversi, il popolo “no nuke” voleva arrivare.
In effetti questa modalità di abrogazione, lungi da essere una vittoria sul campo per i movimenti e i comitati, è il modo migliore da parte del governo (e di Rutelli e del suo terzo polo) per smobilitare un intero popolo che stava ormai conducendo un'unica battaglia all’interno della quale si inserivano i due quesiti contro la privatizzazione dell’acqua pubblica (voluta da Ronchi, del terzo polo come Rutelli) e quello contro il legittimo impedimento. Ora questi tre quesiti, in assenza di quello principale (condizione dettata dall’onda del disastro giapponese e non certamente per una marginalità degli altri), e con il mancato accorpamento con le amministrative, corrono seri rischi di non raggiungere il quorum. 
Tutto ciò dimostra la paura della partecipazione popolare da parte di ampi settori parlamentari (maggioranza e terzo polo), ma anche la sfiducia dell’opposizione  (basti pensare all’atteggiamento di Bersani durante il periodo di raccolta firme per i quesiti sull’acqua) impaurita da un maggior protagonismo che spingerebbe lo scontro politico sempre più a sinistra. Ma dimostra anche la risolutezza di Berlusconi nel mettere da parte un progetto da lui ambito, come quello sul nucleare, pur di assestare un duro colpo alla possibilità di un chiaro parere sulle sue vicende giudiziarie, vero assillo che continua a mettere in secondo piano le cosiddette “riforme strutturali” volute dalla classe dominante di questo paese.
Tuttavia nulla impedisce a Berlusconi e ai suoi di ripresentare il disegno tra qualche mese. Siamo infatti convinti che tutto questo rappresenti un trucco per stroncare i referendum e per tornare all’attacco in condizioni maggiormente favorevoli. Di più, una volta passata l’onda emotiva di quanto successo a Fukushima, il fronte “pro nuke” potrebbe nuovamente allargarsi. Basti pensare a chi, come l’allora ministro Pierluigi Bersani in un passato non lontano (2007) lavorava ad accordi bilaterali con gli Usa (“Partnership Globale sull’Energia Nucleare - GNEP”, come rivelatoci da un cablogramma di Wikileaks) a ciò finalizzati. Oppure basti pensare a tutti quegli europarlamentari che hanno votato risoluzioni diametralmente opposte a disegni di smantellamento delle centrali in Europa.
Ora il lavoro che ci spetta è ancora maggiore, in quanto il 12 giugno dobbiamo portare alle urne quanta più gente possibile su temi o meno conosciuti, come l’acqua, grazie anche a posizioni ambigue delle opposizioni parlamentari che non disdegnano gestioni private del servizio, o dibattuti fino alla nausea, e fino a stancare larga parte dell’opinione pubblica. Ma al tempo stesso dobbiamo lavorare per un massiccio risultato dei Si nel referendum sardo (che in quanto consultivo non può essere accantonato dalla recente abrogazione) proposto con lungimiranza nei tempi giusti, e che non si limita a non volere centrali nucleari nell’isola, ma anche siti di stoccaggio di scorie radioattive precedentemente prodotte. Per questo il 15 maggio rappresenta per tutto il popolo “no nuke”, sardo ma anche italiano, una speranza per tenere viva la fiamma della partecipazione popolare (anche in vista del 12 giugno) e dell’autodeterminazione del popolo nella proprie scelte energetiche.

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