Il disastro in Giappone e la battaglia referendaria contro le centrali in Sardegna e nel resto del mondo.
All’indomani del terremoto in Abruzzo i pezzi grossi della politica e dell’energia italiana (come Fulvio Conti dell’Enel, in una lancio di agenzia Reuters poi fatto sparire) alle domanda sulle opportunità di rilanciare l'energia nel nostro territorio a elevato rischio sismico, rispondevano che il loro punto di riferimento tecnologico era quello giapponese. Non vogliamo aggiungere altro. Ora nel paese del sol levante siamo alla catastrofe e tutti possono vedere le conseguenze di quanto accaduto. Occorre quindi continuare a smontare la propaganda nuclearista che porta il pianeta intero alla rovina.
Ma nel frattempo l’italietta politica ha già detto la sua: per il capogruppo del Pdl alla Camera dei deputati Fabrizio Cicchitto la posizione del governo italiano sul nucleare «rimane quella che è, non e' che si puo' cambiare idea ogni minuto», mentre Pierferdinando Casini, leader del terzo polo con il quale il Pd di Bersani vuole andare a nozze, vorrebbe «che il Governo dopo tante declamazioni passasse dalle parole ai fatti».
E sulla rive gauche, se così la vogliamo chiamare, quali perle troviamo? Il senatore del Pd, Umberto Veronesi, oncologo e presidente dell’Agenzia per la sicurezza nucleare - già tristemente noto per essere favorevole agli ogm e agli inceneritori - continua a dire che senza l’energia atomica «l’Italia muore». Sulla stessa lunghezza d’onda Chicco Testa, antinuclearista pentito, deputato del Pci prima (eletto nel 1987 quando era segretario nazionale di Legambiente, cavalcando praticamente l’onda in seguito ai fatti di Chernobyl), del Pds dopo, e ora comandante in capo della macchinosa guerra di propaganda condotta in favore del nucleare. Schegge impazzite? Niente affatto! Prodotto di un partito confindustriale accecato dal miraggio dei reattori di quarta generazione. Basti dare un’occhiata alle risoluzioni del Parlamento europeo e in modo particolare a quella votata il 25 novembre 2009 (1), volta a ridurre le emissioni di Co2 nel pianeta ma all’interno della quale é presente un riferimento sul nucleare, ritenuto un elemento importante del mix energetico. Nel classico consociativismo di Bruxelles (dove liberali, socialisti e popolari votano insieme la maggior parte delle risoluzioni) non registriamo un solo voto contrario da parte del gruppo dei “Socialisti e democratici”, 5 sole astensioni e neanche una da parte degli eurodeputati italiani. Ma per evitare di limitarci a sparare sulla croce rossa del Pd è necessario citare anche alcuni pezzi grossi dell’Idv (gruppo dei liberali) come il “marxista” Gianni Vattimo, il nuovo eroe della sinistra Luigi De Magistris, il professore di Scienze Politiche a Sassari Pino Arlacchi (anche se ora è passato al Pd e quindi al gruppo soclialista) e il sardo Giommaria Uggias.
Ma non vogliamo venire meno al requisito della completezza, necessario per chi scrive: come avrebbe votato Margherita Hack, nuclearista anch’essa, se la lista comunista e anticapitalista (Rifondazione, Pdci e altri) l’avrebbe piazzata nei banchi del Parlamento europeo?
Tra poche settimane ci recheremo alle urne per un primo referendum (voteremo anche il 12 giugno, “grazie” a Maroni) che ci chiederà: «Sei contrario all’installazione in Sardegna di centrali nucleari e di siti per lo stoccaggio di scorie radioattive da esse residuate o preesistenti?». Il comitato “Si nonucle”, costituitosi l’estate scorsa e dalla composizione eterogenea sta facendo un ottimo lavoro di informazione per smentire nei diversi comuni dell’isola tutti i punti propagandati a favore dell’opzione atomica. Dobbiamo recarci in massa a votare “Si” anche se si tratta di un referendum consultivo. Alle legittime posizioni degli indipendentisti che orientano la campagna referendaria in chiave separatista, non devono mancare quelle di una sinistra che rompa in modo definitivo il cordone ombelicale con il Pd e che proponga, al popolo sardo e non solo, un vero piano energetico, basato principalmente sulle energie rinnovabili, sulla totale proprietà pubblica e sul controllo dei lavoratori e delle comunità locali finalizzato alla vera sovranità.
(1) la questione è emersa dopo che la rete francese "Sortir du nucléaire" aveva denunciato l'ambiguità di alcuni eurodeputati ecologisti francesi. Qui possiamo leggere la proposta di risoluzione del 17 novembre, qui il testo definitivo adottato con il famigerato punto 36 e qui i voti raggruppati per gruppi parlamentari e per stati d'appartenenza. Dopo che anche la Rete nazionale antinucleare ha diffuso i dati, alcuni esponenti italiano, come Rosario Crocetta del Pd, hanno sostenuto di non aver votato quel punto. Rimane tuttavia il dato di fatto dell'approvazione del testo complessivo (e quindi comprensivo di quel punto).
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