Il popolo tunisino è sempre più deciso ad abbattere il vecchio sistema, iniziando dal governo Gannouchi.
Quanto accade in Tunisia, oscurato dai fatti libici che coprono buona parte del flusso informativo dal nord Africa, ci mostra un movimento che con determinazione non si accontenta di aver buttato giù Ben Ali, ma continua a lottare per trasformare la società. Tutto ciò ha una sua logica visto che il clan familiare del dittatore ha controllato tutti gli aspetti della vita tunisina, e in particolar modo quasi tutta l’economia.
Perciò un’approfondita pulizia del vecchio regime pone una seria ipoteca all’intero sistema capitalista tunisino e non solo, visto il contagio rivoluzionario in tutta l’area. Il “nuovo” governo di unità nazionale, creato subito dopo la deposizione di Ben Ali, non ha avuto fin da subito vita facile. La presenza al suo interno di tutti i ministri chiave del governo precedente, pur aggiungendo qualche figura di “sinistra” e di espressione dell’Ugtt (lo storico sindacato tunisino), ha fatto si che la ribellione delle masse continuasse nella direzione già intrapresa. Nel giro di 24 ore, attraverso la pressione dal basso, il sindacato ha ritirato la sua delegazione, e con una serie di scioperi generali il primo ministro Gannouchi è stato costretto a rimuovere dal governo, il 27 gennaio, la maggior parte dei ministri del partito di Ben Ali (il Rassemblement constitutionnel démocratique, facente parte dell’Internazionale socialista fino al 17 gennaio) e poi annunciare lo scioglimento di quel partito.
La nuova configurazione del governo, emersa dopo una prima, parziale, operazione di pulizia, non può ancora essere considerata espressione delle ragioni dei lavoratori e dei giovani tunisini: Gannouchi, ricordiamolo, esponente di spicco del vecchio regime, rimane ancora al comando e come prima mossa non esita a nominare 24 “nuovi” governatori regionali, al fine di strappare il potere ai vari comitati rivoluzionari emersi nel corso della rivoluzione. Di questi governatori, 19 avevano legami con il vecchio regime! Ma l’Ugtt non solo ha appoggiato il governo, è andata anche oltre, accusando addirittura i manifestanti (chiaramente all’opposizione di questa nuova farsa) di essere agenti provocatori dell’Rcd, tesi con i loro scioperi (!!!) a provocare il caos. è il caso di dire che all’interno dell’Ugtt sta crescendo di ora in ora un malumore rispetto a quanto deciso dalla leadership: gli scioperi generali convocati dalle strutture regionali a Sfax, El Kef, Sidi Bouzid, Jendouba, Kairouan, Siliana, Gabès, Nabeul e altri centri dimostra come la migliore azione di pulizia anche all’interno del sindacato possa essere portata a termine con la lotta. Questi scioperi, come afferma chiaramente l’Ugtt di Sfax, mirano al rovesciamento del governo.
Contro il governo Gannouchi si è anche schierato il “Fronte 14 gennaio” (ispirandosi al giorno della fuga di Ben Ali) recentemente costituitosi e composto da forze comuniste e nazionaliste di sinistra con un programma avanzato che richiede la caduta del governo, un'assemblea costituente, l'espropriazione dei rappresentanti del vecchio regime e un convegno nazionale rivoluzionario. Quest’ultimo, se composto da rappresentanti eletti dai comitati rivoluzionari nelle diverse città, regioni, luoghi di lavoro e le scuole (che come già avviene in molti luoghi, sono i responsabili della gestione della vita quotidiana e di tutti gli affari pubblici) potrebbe gettare le basi per creare un’assemblea costituente autentica, democratica e rivoluzionaria in grado di decidere il futuro del paese spazzando via tutte le strutture del vecchio regime.
Qui sta il ruolo del Fronte che, oltre ad avere slogan corretti deve fornire una direzione capace per abbattere in un solo colpo vecchio regime e sistema capitalista e non per «formulare una politica economica e sociale che rompe con l'approccio liberal-capitalista», come sostenuto dal Fronte stesso. Perché non esiste un altro approccio al capitalismo che sarebbe più bello per i lavoratori e il popolo tunisino e arabo. Illusioni del genere non abbatteranno le strutture del vecchio regime, né porteranno all’obiettivo dell’unità della nazione araba.
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