Possono queste essere delle parole d’ordine unificanti per una sinistra indipendente dai poli della guerra?
I numeri sulle servitù militari in Sardegna parlano chiaro. 35 mila ettari di territorio stuprato e 20 mila chilometri quadrati di mare (un’estensione grande quasi quanto l’intera isola - 24 mila) dove navigazione, pesca e sosta sono banditi durante le esercitazioni. Nella nostra terra abbondano strutture e infrastrutture funzionali all’economia di guerra: abbiamo poligoni missilistici (Quirra-Perdasdefogu), poligoni per esercitazioni a fuoco (Capo Teulada), poligoni per esercitazioni aeree (Capo Frasca) aeroporti militari (Decimomannu) e depositi di carburanti (nel cuore di Cagliari).
Questi dati, presi da fonte certa (sito ufficiale della Regione Sardegna) ci mostrano anche dei record: il poligono di Teulada, con 7.200 ettari e quello di Quirra, con 12.700, sono i primi due poligoni italiani per estensione.
Il poligono interforze del Salto di Quirra nasce nel 1956, da quando l’aeronautica militare avvertì l’esigenza di disporre di aree “idonee” alla sperimentazione di nuovi sistemi d’arma. Nel poligono, forze armate italiane e Nato effettuano prove sperimentali in volo di prototipi di missili e bersagli, prove di qualifica di sistemi d’arma, collaudo e relative prove di qualità per la produzione di serie, addestramento di unità nazionali ed estere.
Lo svolgimento delle attività interessa due distinte zone. Il poligono a terra viene utilizzato per l’addestramento al tiro di elicotteri armati nonché di reparti corazzati e di artiglieria e dove hanno luogo prove di lancio di missili e razzi a corta gittata, sgancio di bombe laser e sperimentazioni non militari come quelle relative agli effetti delle esplosioni dei metanodotti in pressione. Il poligono a mare, lungo 50 km di costa, è destinato alle prove ed alle esercitazioni con missili e razzi di maggiore gittata.
Le morti quantomeno sospette che si registrano da qualche anno tra i militari che prestano servizio nella base e tra la popolazione che vive nella zona hanno di fatto della “sindrome di Quirra” - così è stata ribattezzata questa anomala moria di persone - un caso nazionale che vede nell’uranio impoverito una possibile causa dei numerosi casi di tumore al sistema emolinfatico. Le ricerche della dottoressa Gatti, esperta in inquinamento bellico, dimostrano la correlazione tra le malformazioni degli animali della zona e le malattie alle persone: le stesse nanoparticelle contenenti antimonio e cobalto, che si rilasciano in quel tipo di operazioni, sono state trovate sia nel corpo di un agnello nato con le orecchie al posto degli occhi, sia nei testicoli di un soldato.
D’altra parte abbiamo invece silenzi, commissioni d’inchiesta gestite solo da militari con risultati che possiamo immaginare (come quelli presentati di recente al sottosegretario Cossiga), indagini su campioni decisamente più ampi rispetto all’area incriminata, proposte shock (come quella del senatore Pdl Gallo) di testare in tutta trasparenza l’uranio impoverito usando gli abitanti della zona come cavie, assenza di proposte (come quella del sindaco - del Pd - di Perdasdefogu, contrario alla chiusura del poligono).
Le cronache emerse in questi giorni, con il ritrovamento di cassette radioattive, continuano a presentarci risultati dibattuti, ma parziali in assenza di trasparenza.
Una certezza deve però venire dalla sinistra poiché questo è l’ennesimo caso che si presenta come discriminante rispetto ai poli politici dell’alternanza. Non sono passati molti giorni da quando Pd, Pdl e Terzo polo hanno votato il rifinanziamento della missione militare in Afghanistan, e non sono passati secoli da quando il secondo governo Prodi aumentava le spese militari del 13% rispetto all’esecutivo che lo precedeva, o, rimanendo al poligono di Quirra, ne prevedeva l’ampliamento insieme al colosso Finmeccanica.
La sinistra la smetta di rincorrere il centro e prenda il coraggio degli orgolesi a Pratobello e si ponga alla testa delle lotte per la chiusura definitiva delle basi della morte. Tutte quelle aree sono nostre e del nostro futuro.
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