LA “DONNA QUALUNQUE”. QUANDO? NON ORA!

Le manifestazioni del 13 febbraio e la necessità di una piattaforma di classe per rovesciare Berlusconi.

Anche a Sassari (e in provincia anche a Ozieri) domenica 13 febbraio si terrà la manifestazione “Se non ora quando?” contro la rappresentazione delle donne come nudo oggetto di scambio sessuale offertaci in modo plateale e ripugnante da una classe politica da basso impero. è più che giusto dire basta all’indecente trasformazione della politica, che si nutre e fa sfoggio di un intreccio tra sesso, potere e denaro.
Al tempo stesso è altrettanto giusto andare oltre un modo di concepire le relazioni uomo-donna astraendole dai meccanismi di riproduzione di un sistema detto “di sfruttamento dell’uomo sull’uomo” (e quindi del maschio sulla donna quanto del maschio sul maschio).
Possiamo sintetizzare citando una donna rivoluzionaria come Camilla Ravera che novant’anni fa dalle colonne de l’Ordine Nuovo di Gramsci scriveva: «La donna libera dall’uomo, tutti e due liberi dal capitale». Ma questa sintesi, come si declina oggi? Pensiamo che le parole delle donne metalmeccaniche della Fiom, nel loro documento di adesione alle mobilitazioni previste, siano magistrali: «La mercificazione del corpo delle donne e la loro svalutazione simbolica sono strettamente legate da una parte alla loro esclusione e marginalizzazione nel mercato del lavoro, dall’altra all’aumento dello sfruttamento e della fatica nel lavoro produttivo e in quello di cura a causa dell’inaccettabile e crescente autoritarismo padronale a cui si accompagna una politica di smantellamento dello stato sociale. Politiche restrittive e misogine sono le due facce di un modello sociale in cui il ricatto e la mercificazione sessuale sono offerte alle donne come strumento di affermazione individuale e di successo. Modello che intesse anche le relazioni di lavoro e familiari e contro cui ci siamo sempre battute per difendere dignità e diritti delle donne contro i ricatti e la violenza».
Per questo riteniamo certamente legittimo, ma al tempo stesso sbagliato chiamare a raccolta tutte le donne a prescindere dalle loro posizioni nella società. Anche la Marcegaglia è indignata di quanto avviene, ci crediamo. Questo però non le toglie l’occasione di procedere spedita come un panzer nella distruzione dei diritti sociali di tanti uomini, e soprattutto di tante donne, dentro e fuori i posti di lavoro.
Vogliamo soffermarci anche sulla discutibile raccomandazione di cancellare dai cortei i simboli dei partiti e dei sindacati. Ma quali simboli poi? Sappiamo che molte bandiere partitiche vengono sventolate magicamente solo in questi momenti come per colmare una totale assenza dai territori e dagli uomini e donne che ci vivono. Ma bandiere a parte i manifestanti hanno tutto il diritto di distinguere e scegliere le varie opzioni in campo, così come di comunicare agli altri le ragioni di una scelta. Scelta che invece il 13 febbraio, fatti salvi gli slogan “consigliati” sul vademecum compilato dagli organizzatori, non può e non deve avere cittadinanza.
Vogliamo porre alcune domande che possono essere una provocazione, ma che in realtà non lo sono: non sarà un caso che questi partiti (noi parliamo solo per quelli della sinistra) sono diventati quello che sono proprio perché al loro interno manchi una massiccia presenza di donne? Non sarà arrivato il momento (se non ora quando? appunto) di portare nei partiti, che a parole dicono di voler cambiare la società, tutta la sensibilità e la rabbia delle donne (qui a Sassari abbiamo un circolo di partito, come l’Hutalabì del Prc, composto quasi esclusivamente da donne)? Non sarà il caso di mettere a dura critica questi partiti che proprio in assenza delle donne fanno i furbetti con ridicole quote rosa che spesso e volentieri servono più che altro a promuovere un ceto politico femminile che non disturbi i manovratori maschi?
Vogliamo vivere la giornata del 13 da partigiani e partigiane, ispirandoci a quelle lavoratrici italiane e migranti, precarie e “garantite” e studentesse che oltre a combattere il patriarcato mettono in discussione il capitalismo. 

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