RICOSTRUIRE IL PARTITO COMUNISTA. COME?

L’ennesima scissione, questa volta del pianerottolo, e la necessità di un partito di classe all’altezza dei tempi. 

Ha senso fare un blog a indirizzato ai lavoratori e ai giovani dovunque collocati a sinistra e scrivere un articolo che critica una specifica operazione? Se, come diciamo, il nostro obiettivo, pur nel nostro piccolo e da questo scorcio di periferia che è Sassari, è quello di lavorare per la creazione di un partito della sinistra di classe che si lasci alle spalle tutti gli errori e i bizantinismi, il senso c’è tutto.
E in questi giorni i militanti del tutto sommato più grande partito alla sinistra del Pd hanno a che fare con l’ennesima scissione che, come abbiamo visto altre volte, non è messa necessariamente nero su bianco: limitiamoci al Nichi Vendola sconfitto a Chianciano che giurava e spergiurava di non lasciare Rifondazione ma di cercare di cambiarne il senso dall’interno, oppure ai suoi seguaci sardi che hanno lasciato lo stesso partito solo dopo le regionali del 2009 con tanto di onorevoli, sedi e soldi. 
Ora abbiamo a che fare con “l’Ernesto” (un tempo corrente forte e organizzata poi scissasi in più parti, sempre nel nome dell’unità dei comunisti, sia ben chiaro) attraverso un appello nobilmente titolato (“Ricostruire il partito comunista”) ma foscamente scritto (che vede al capolinea l’esperienza del Prc e non quella del Pdci di quel Diliberto che per non far vincere Berlusconi vuole un’alleanza col Pd senza nemmeno chiedere a Bersani di ritirare le truppe dall’estero e di togliere i finanziamenti alle scuole private). I nostri di fatto si trasferiranno da un piano all’altro dell’edificio di viale del Policlinico a Roma, la sede ormai comune dei due partiti comunisti riavvicinatisi con la scusa delle elezioni europee (il Pdci sta infatti al piano terra). Le battute sono spontanee e sarebbero peggiori a Sassari visto che né uno né l’altro hanno più una sede. Ci siano concesse se si vuole mantenere il senso dell’umorismo di fronte a tutto questo masochismo, ma ora, seriamente, ci chiediamo: tutto questo che senso ha?
Che senso ha innescare una garantita tensione tra militanti che fino a ieri hanno condiviso un percorso seppur in una struttura in crisi? Che senso ha farlo all’interno di una federazione della sinistra dove i due partiti coabitano (certo a fatica e non parliamo di Sassari dove tale precarietà è principalmente dettata da gimkane di pseudo professionisti della politica)? Che senso ha farlo a pochi mesi dai due congressi concomitanti che, stando ai rumors e fatte salve svolte, dovrebbero portare alla riunificazione definitiva dei due pc?
Troviamo un senso, oltre che nei riposizionamenti congressuali (1000 voti al congresso del Pdci pesano più che nel più grande Prc), nella ricerca spasmodica della coerenza estetica e formale come se un’etichetta bastasse a risolvere i mali della sinistra in Italia. Un formalismo che serve a controbilanciare un pessimismo che non vede nelle attuali lotte l’humus di uno sviluppo di una «coscienza comunista e di aspirazione al socialismo». La storia del movimento operaio ci insegna che vere e proprie rivoluzioni sono nate senza il partito rivoluzionario, dalla Comune di Parigi fino all’odierne sollevazioni nel mondo arabo. Nel 1905 in Russia abbiamo visto i Soviet nascere addirittura senza il favore del partito bolscevico! Tuttavia concordiamo sul fatto che il partito sia necessario per portare a termine la rivoluzione politica e sociale.
Ma quale partito? Quello che inneggia allo stesso tempo alla Rivoluzione d’ottobre come fatto dall’allora senatore Fosco Giannini, o che vorrebbe portare la salma di Lenin in Italia come vorrebbe Diliberto, che però si candida a governare il paese all’interno di un’improbabile centrosinistra con tutto quello che ne consegue? Quello che nato da jacqueries correntizie come questa vorrebbe proibire il dibattito interno?
I movimenti di lotta non hanno bisogno di una riedizione di questa farsa. Il soggetto della rappresentanza politica del mondo del lavoro non nasce in questi modi e può crescere solo se si colloca al di fuori dei poli dell’alternanza borghese conosciuti fin’ora. Tutto il resto è quel che abbiamo già visto. Pessimo!

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