GIORNATA DEL RICORDO DEI CRIMINI ITALIANI

Non si può fare nessuna seria analisi sulle foibe senza prima aver affrontato l’odio italiano contro gli slavi. 

Il revisionismo storico bipartisan (antipartigiano) ha nel 10 febbraio la sua giornata utilizzando la questione delle foibe per coprire i crimini italiani contro le popolazioni slave. Ben prima del primo conflitto mondiale, l’irredentismo italiota, per bocca di Ruggero Timeus Fauro, mostrava tutto il suo odio: «A noi che la lotta abbia un carattere civile o incivile non importa nulla […] contro questi ignavi bifolchi noi non possiamo rispondere con la severa coscienza nazionale, ma con l’odio […] nell’Istria la lotta nazionale è una fatalità che non può avere il suo compimento se non nella sparizione completa di una delle due razze che si combattono[...] se avremo la fortuna che il governo sia quello della Patria italiana, faremo presto a sbarazzarci di tutti questi bifolchi sloveni e croati».
Ancora, nel luglio del 1920 i fascisti danno fuoco, devastandola, alla Narodni Dom, la casa del popolo (chiamata anche Hotel Balkan) degli sloveni e dei croati triestini e vengono salutati con fervore dalle colonne del Piccolo che commenta così i fatti: «Le fiamme del Balkan purificano finalmente Trieste; purificano l’anima di tutti noi». Nel settembre dello stesso anno, Mussolini nel discorso tenuto al Teatro Ciscutti di Pola, con fare orgoglioso affermò: «Abbiamo incendiato l’Avanti di Milano, lo abbiamo distrutto a Roma. Abbiamo revolverato i nostri avversari nelle lotte elettorali. Abbiamo incendiato la casa croata a Trieste e l’abbiamo incendiata a Pola... Di fronte a una razza come la slava, inferiore e barbara, non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino ma quella del bastone... Basta con le poesie. Basta con le minchionerie evangeliche».
Quello che quindi avvenne nei territori slavi annessi al regno d’Italia in seguito all’applicazione del Trattato di Rapallo fu un’opera sistematica di disintegrazione dell’identità culturale e linguistica di quel mezzo milione di persone attraverso la distruzione delle cooperative, dei centri culturali, sociali e sportivi, l’esproprio delle terre occupate dai coloni, la sostituzione di maestri slavi con quelli italiani nelle scuole di ogni grado, il divieto di stampare giornali e libri e di dire messa nelle chiese nella lingua locale, lo stupro dei cognomi e della toponomastica autoctoni.
Con la seconda guerra mondiale e l’occupazione italiana di una parte considerevole della Slovenia (oltre che di parte della Dalmazia) nel 1941 la situazione per gli slavi peggiorò ulteriormente. Nel settembre di quell’anno fu introdotta la pena di morte e i tribunali militari per la repressione della resistenza. In 29 mesi di occupazione furono uccise nei plotoni di esecuzione e nei campi di concentramento 13 mila persone (il 2,6% della popolazione) e altre 33 mila (pari al 10%) furono deportate.
La famigerata circolare 3c del generale Mario Roatta ordina senza mezzi termini di dar fuoco a case e villaggi, uccidendo gli ostaggi e internando massicciamente la popolazione. Il tutto racchiuso nella parola d’ordine «non dente per dente, ma testa per dente». Questo è lo scenario che ci rimane dagli appunti di un cappellano militare testimone di quei massacri: «In tutte le abitazioni della vasta conca non si è trovata anima viva... Fino a oggi di tutti i villaggi che abbiamo incontrato, uno solo non è stato bruciato, perché destinato a ospitare il comando del reggimento; ma verrà dato alle fiamme anche questo all’atto della nostra partenza. Intanto, sopra e sotto la terra, si sta distruggendo tutto ciò che serve alla vita degli uomini e degli animali…».
Non si può continuare con il revisionismo che da una parte cancella quanto riassunto in queste poche righe e che dall’altra, con gli stessi fini, scambia la legittima insurrezione slava contro la feroce oppressione nazionalista e fascista con un olocausto perpetrato da orde di barbari partigiani slavi e comunisti. Le forze della sinistra sociale, sindacale e politica, gli iscritti alle sezioni dell’Anpi, hanno dalla loro la cruda realtà della storia che va utilizzata per contribuire alla lotta quotidiana contro il fascismo.

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