POLANO: LUCI E OMBRE DI UN COMUNISTA

Un comunista sassarese di cui si sa ben poco, i suoi errori tra stalinismo e riformismo, ma anche i suoi meriti.

Oggi che la sinistra, fuori dal parlamento, sembra sparita dalla società, sembra utile ricordare Luigi Polano e la sua epoca dove tanti giovani socialisti maturarono convinzioni rivoluzionarie per la pressione della rivoluzione d'Ottobre. Polano, come Gramsci, aderì al socialismo nel 1913, anno in cui l'allargamento del suffragio permise a tutti i cittadini maschi di votare sconvolgendo anche a Sassari gli equilibri politici. Lo stesso anno salì in Parlamento il primo deputato socialista sardo, il riformista Giuseppe Cavallera.
A sedici anni Polano si gettò, nella militanza, prima collaborando con giornali come “La Lotta” e “Il risveglio dell’Isola”, e in seguito, trasferitosi a Roma nel 1917, dimostrandosi un grande organizzatore. Nella capitale subì un’ulteriore radicalizzazione. Fu arrestato perché dirigeva una manifestazione di donne contro la guerra. Decimata la dirigenza della federazione giovanile socialista italiana (Fgsi), tra arresti e precettazioni militari, ne fu fatto segretario provvisorio (confermato al congresso di Firenze) da Costantino Lazzari. Guida il giornale “L’avanguardia” assieme a Bordiga, spesso in contrasto con l’ala riformista del Psi.
Il 1918 è particolarmente intenso per lui. Viene nuovamente arrestato per disfattismo, fonda la lega delle lavoratrici modiste, lavora nell’organizzazione femminile, entra nella Camera del lavoro, viene eletto nella giunta esecutiva socialista romana, fonda la lega dei gasisti, viene nuovamente arrestato per un comizio a Piombino, tra operai ancora militarizzati, partecipa al XV congresso del Psi.
Nel 1919 entra nel consiglio generale della Cgl (a 22 anni!), sostiene l’ingresso degli anarchici nel sindacato, aderisce alla corrente massimalista del PSI e contribuisce alla diffusione dell’appello di Lenin per un’Internazionale comunista.
A Berlino contribuisce a fondare l’Internazionale Giovanile, nel 1920 partecipa al II congresso della III Internazionale di Lenin e firma il documento della frazione comunista del Psi. Al Congresso di Livorno annuncia il distacco della Fgsi dal Psi, l’adesione al Partito comunista d’Italia, ed è eletto nel comitato centrale, in quota bordighiana.
La scissione indebolì la classe lavoratrice italiana, e anche i comunisti che ebbero meno influenza di quanto ne avevano nel PSI. Il partito nasceva debole e anche per via di un massimalismo troppo verbale, il partito rimase minuscolo, e, perciò, la scissione invece di creare il partito dei veri rivoluzionari creò due partiti: uno riformista e perciò incapace di sconfiggere il fascismo e l’altro troppo piccolo ed estremista.
Nel 1923 per una condanna tornò in Sardegna e fu eletto segretario regionale (il Pcd’I contava 119 iscritti!). Polano fuggì in Francia nel 1925, lavorò tra l’emigrazione italiana e sarda. Organizzò i marinai a Odessa e a Novorossijsk, collaborò con giornali sovietici e con i repubblicani in Spagna negli anni ’30 (secondo l’OVRA era del GPU, la polizia politica di Stalin), tra il ‘41 e il ‘44, curò una trasmissione radio “La voce dela Verità”, che interferiva con la propaganda fascista, e tuttoggi non si sa da dove trasmettesse. Dal ’45 al ‘49 fu segretario del Pci in Sardegna, eletto 3 volte deputato e nel 1964 succedette al senato a Velio Spano. Morì il 24 maggio 1984 a Sassari.
Polano incarna tutta una generazione e la storia stessa del Pci. Dapprima giovane organizzatore rivoluzionario massimalista, in seguito oscuro militante nel Pci stalinizzato, in cui non sollevò mai una critica sulla deriva stalinista dello stato sovietico, dell’Internazionale, né sui crimini contro i comunisti nei Gulag, e poi dirigente di un Pci compatibile col sistema capitalistico.
Al di là del giudizio che si può avere su Luigi Polano, la sua attività come pioniere del comunismo in Sardegna, in un momento in cui le organizzazioni dei lavoratori erano ancora più sotto attacco di ora, deve imprimerci il coraggio di rovesciare lo status quo, capire che le difficoltà della sinistra attuale sono superabili, ma a patto di recuperare il contenuto rivoluzionario originario delle idee comuniste.

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