LA SINISTRA DOPO MIRAFIORI, SECONDA PARTE

L’accordo capestro, l’arroganza dei padroni, la sudditanza del Pd, le ambiguità Cgil, le nostre rivendicazioni.

Dopo il si all’accordo “consigliato” da Walter Veltroni, ecco che spunta il senatore Pietro Ichino, sempre del Pd, a dire che quanto imposto da Marchionne deve passare. «Prevedo - spiega sulle pagine de L'Espresso- che andrà come è andata a Pomigliano. Se invece vincesse il 'no', l'effetto più dannoso non sarebbe il taglio certo al programma 'Fabbrica Italia': sarebbe il messaggio di chiusura che verrebbe lanciato dall'Italia a tutte le grandi multinazionali».

È chiaro che queste previsioni sono sempre più nervose. Le ultime famose furono quelle di Epifani a riguardo del referendum di Pomigliano: «i lavoratori diranno ‘si’ al lavoro». Ma poiché c’era da dire si a un ricatto, e non al lavoro in sé, il plebiscito non ci fu (nonostante l’ambiguità della Cgil nazionale e il ‘si’ di quella campana) aprendo un capitolo nuovo nella storia del movimento operaio di questo paese.
Ma che dice l’accordo di così brutto da non doverci mettere neppure una firma tecnica, come propone Camusso in caso di vittoria del si? Posto che un sindacato con 6 milioni di iscritti avrebbe buone possibilità di sconfiggere questo ricatto dichiarando “gherra a s’egoismu” e “gherra a s’oppressore”, l’accordo è un vero attacco ai diritti democratici fondamentali dei lavoratori senza precedenti. Se vince il ‘si’ si applicheranno solo le disposizioni di quest’intesa che scavalcano sia il contratto nazionale dei metalmeccanici (persino quello separato), sia l’accordo inter-confederale sulle Rsu del 1994. La Newco che assorbirà individualmente i lavoratori di Mirafiori non farà infatti parte nemmeno di Confindustria e questi non potranno più eleggere i loro delegati che invece saranno nominati dai sindacati che firmeranno l’accordo. Ma neanche qui Fim e Uilm (rispettivamente i metalmeccanici di Cisl e Uil) trovano un qualcosa per svincolarsi dal loro servilismo: dal momento che le Rsa saranno paritetiche i due sindacati gialli saranno in minoranza, uno in meno dei tre sindacati creati direttamente dall’azienda (cosa non consentita dallo statuto dei lavoratori) Fismic, Ugl e Sindacato dei Quadri Fiat.
Inoltre, si attacca il diritto di sciopero e si peggiorano le condizioni di lavoro con una metrica che aumenta la prestazione lavorativa, una riduzione delle pause da 40 a 30 minuti al giorno, un aumento delle ore di straordinario, una totale discrezionalità aziendale nella scelta della turnazione…senza nessuna garanzia sul futuro dello stabilimento.
La maggioranza della Cgil, per fortuna minoranza in Fiom vuole però mettere una firma tecnica. Così Fausto Durante: «se vince il sì fare un passo indietro firmando l'accordo per poi fare un passo avanti, qualora i rapporti di forza volgessero a nostro favore». Siamo alle solite! Per quanto ci riguarda pensiamo che i rapporti di forza si costruiscono o si influenzano con un ruolo attivo, non subordinandosi a chi ti vuole togliere contratto e diritti aumentando i suoi profitti e il tuo sfruttamento.
L’assenza di una rappresentanza politica del movimento operaio porta anche a questo, a una Cgil che non combatte. Se nell’articolo precedente abbiamo spiegato le necessità di una forza indipendente e di massa della sinistra di classe, è bene anche esplicare che tipo di programmi deve avere. Se la Fiat,il più grande gruppo industriale del paese, impone questa svolta di stampo fascista, siamo di fronte ad un passaggio epocale nella nostra storia. Se passa questa porcheria a rischio è l’intera democrazia, perciò la sinistra, tutta la sinistra sindacale e politica, deve trovare l’elemento unificante iniziando a rivendicare senza esitazione l’occupazione degli stabilimenti della Fiat e la nazionalizzazione sotto il controllo dei lavoratori. Un intervento pubblico che non somigli neanche lontanamente a quanto avvenuto nel passato, che ponga al centro chi ci lavora e che si fondi sulla sapienza operaia e della ricerca di questo paese per la riconversione funzionale all’ambiente e agli interessi della collettività.

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