DA MIRAFIORI “UNITÀ STUDENTI LAVORATORI”

Un messaggio al mondo della scuola e dell’università, un esempio da seguire nella provincia di Sassari.

Mentre la Cgil continua a tergiversare sulla proposta dello sciopero generale avanzata da Fiom e movimento studentesco, gli operai di Mirafiori hanno deciso di scrivere una lettera agli studenti e alle studentesse dell’Università e a tutto il mondo della formazione.
Quanto si legge nell’appello (firmato non solo dagli operai Fiat, ma anche dai lavoratori di Agile-ex Eutelia, di Comdata, da lavoratori e precari della scuola, del settore delle telecomunicazioni, interinali e delle cooperative sociali) rispecchia le necessità di chi lotta, ma anche il nuovo clima di conflitto sociale.
La condizione attuale infatti «ci porta a pensare che non è più possibile lottare individualmente o settorialmente; ci porta a credere che sia sempre più necessario costruire dei percorsi di unità».
«Uniti - continua la lettera - perché il mondo del lavoro e quello scolastico vivono già una condizione precaria e gli interventi attuali volgono al loro peggioramento. Uniti, perché gli studenti di oggi, domani entreranno in un mondo del lavoro precario e noi, come hanno fatto i nostri genitori, dobbiamo far si che la nostra lotta respinga i provvedimenti di chi vuole fare solo “cassa” sulle vite dei più deboli. Oggi studenti e operai insieme possono creare un ponte, dove il mondo della formazione e la classe operaia e lavoratrice si uniscano per proporre un dialogo e un’unità per respingere gli attacchi di una società in cui solo una piccola parte decide per tutti».
Non vogliamo aggiungere altro, qui sta tutto il senso di ciò che vogliamo diffondere tra gli studenti e gli operai, anche perché nella provincia di Sassari ha prevalso la logica settoriale.
Quella degli studenti universitari in primo luogo. O meglio, quella del Forum studentesco, struttura che in assenza di un forte collettivo indipendente della sinistra, e forte del particolarmente corporativo contesto universitario sassarese, raccoglie anche buoni elementi ma in una cornice che si rifà all’intero arco parlamentare (ci sono davvero tutti) e in una prospettiva che non rivendica un’università gratuita e realmente pubblica, ma che mira alla gestione delle briciole attraverso posti in ateneo da conquistare nelle tornate elettorali.
Ma anche quella di alcuni lavoratori come ad esempio quelli della Vinyls, autoisolatisi nell’ex carcere dell’Asinara. Anche se qua è obbligatorio sottolineare la causa di tutto questo: un sindacato assente che non ha unificato le diverse categorie del petrolchimico e che non vede l’ora di dire addio alla chimica senza prima aver risolto la questione della proprietà. Pensiamo infatti che la riconversione ambientale dell’economia di questo territorio non possa essere un compito che potranno svolgere capitalisti locali o no, ma che sia indispensabile la proprietà pubblica e il controllo sociale dei lavoratori e delle comunità locali. L’assenza di un sindacato forte di tale piattaforma rivendicativa ha fatto si che questi lavoratori puntassero tutto sull’effetto mediatico e le poche luci sul futuro della Vinyls non danno certezze sull’intero petrolchimico.
Per il resto, non è un caso che nei giorni in cui in tutta Italia si lottava contro l’approvazione del ddl Gelmini, l’incontro tra università (studenti e ricercatori) e lavoratori Vinyls non abbia prodotto alcunché di unitario. Anzi, le cronache emerse dimostrano una sorta di conflitto tra quelle che non possono e non devono essere controparti.
Ora che il ddl Gelmini è diventato legge c’è chi continuerà a lottare per un’istruzione e una formazione pubbliche, gratuite, laiche, di massa e di qualità e chi invece, buon per loro, farà altro in vista delle elezioni universitarie. Al tempo stesso i lavoratori in lotta in tutta Italia chiederanno sempre più la convocazione dello sciopero generale, premendo per allargare quello già convocato dalla Fiom per il 28 gennaio. Una lotta per riprenderci quello che ci stanno togliendo in termini di diritti e contratto, ma anche per riprenderci un sindacato che sappia unificare i diversi conflitti in uno solo per uscire dalla crisi facendola pagare a chi l’ha causata.


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