Dopo Pomigliano anche Mirafiori non si piega. Per lo sciopero generale e l'unità dei movimenti.
Hanno poco da festeggiare Marchionne e il padronato dopo l'esito del referendum a Mirafiori. Volevano il plebiscito ma hanno ricevuto un rifiuto maggioritario degli operai, gli unici che di quell’accordo pagheranno le conseguenze. Il referendum passa solo per il voto degli impiegati e dei capi, che non vengono toccati dai disumani aumenti dei carichi di lavoro. Nonostante le pressioni e le minacce hanno ottenuto una vittoria di Pirro come a Pomigliano.
Marchionne capisce perfettamente che su queste basi quell’accordo è inapplicabile e che è impossibile espellere dalla fabbrica la Fiom, che invece esce rafforzata considerando che il 46% ottenuto dal fronte del NO partiva da una base del 29% alle ultime elezioni Rsu.
Nel solco tracciato dagli operai di Pomigliano, anche Mirafiori ha dato un segnale forte che, se possibile, è un esempio ancora più netto del risveglio della classe operaia, visto che Torino è il simbolo della sconfitta che trent’anni fa servì a cancellare le conquiste dell’autunno caldo.
Tutti i cedimenti, l’autoritarismo, la repressione che da allora hanno segnato due generazioni in quella fabbrica oggi si trasformano nel loro contrario: c’è voglia di riscatto, di tornare al protagonismo operaio degli anni ’60 e ’70.
Dal sud al nord il segnale è chiaro: solo con la lotta possiamo riprenderci quanto lasciato sul campo. I lavoratori non sono soli, come hanno dimostrato gli studenti il 14 dicembre e i migranti di Brescia e Milano. I padroni vogliono farci pagare la loro crisi, vogliono sindacati sottomessi in fabbrica, una scuola d’élite e demolire lo stato sociale, ma hanno fatto male i conti. Per la prima volta da tempo si apre una prospettiva di lotta che può unire tutti i settori oppressi della società.
Marchionne col suo piano, e il governo con il collegato lavoro e tutti gli “accordi” con cui in questi anni hanno tentato di rendere tutti precari, ci dicono che la falsa divisione
tra lavoratori “garantiti” e precari oggi non esiste più. E i metalmeccanici della Fiom rappresentano l’ultimo ostacolo da abbattere, dopo l’espulsione della sinistra dal parlamento e la sottomissione dei vertici di Cisl e Uil.
A noi invece serve una società dove la ricchezza prodotta dai lavoratori venga redistribuita e messa al servizio della collettività, dove tutti possono lavorare e condurre una vita dignitosa. Una società che i padroni non possono darci. Per questi motivi, le mobilitazioni della Fiom e lo sciopero del 28 gennaio, dopo l’oceanica manifestazione del 16 ottobre, sono tappe decisive che indicano a tutti gli sfruttati in quale direzione proseguire. Ci vuole lo sciopero generale di tutti i lavoratori e le l voratrici, uniti contro i padroni e il governo, co me primo momento di unificazione di tutte le lotte. Ma i vertici della Cgil resistono a questa ipotesi e si mostrano totalmente inadeguati, illudendosi che ci siano padroni illuminati disposti a condividere profitti e a concedere diritti e di poter rientrare all’ovile del sindacalismo filopadronale di Cisl e Uil con un nuovo patto sulla produttività.
Per questo sono nervosi di fronte all’iniziativa della Fiom che ha dimostrato di essere ben connessa agli umori più profondi prevalenti nella classe.
Quella del conflitto è una strada obbligata che però può essere efficace solo con una piattaforma rivendicativa in grado di unificare tutti i settori sfruttati: insieme alla lotta
perché la Fiom riconquisti un contratto nazionale avanzato per tutti i metalmeccanici è necessario costruire una vertenza generale che sappia unire gli studenti agli insegnanti contro la riforma Gelmini, che promuova il salario garantito e il permesso di soggiorno per tutti gli immigrati, sottraendo precari e disoccupati dal ricatto dei padroni, contro gli effetti nefasti della legge 30.
La disoccupazione si combatte con la riduzione dell’orario di lavoro e un salario realmente adeguato alle necessità, opponendosi alle delocalizzazioni, con la nazionalizzazione delle aziende che i padroni vogliono chiudere per andare altrove a fare profitto. Per un nuovo intervento pubblico nell’economia gestito e controllato direttamente dai lavoratori.
In questo momento l’opposizione in piazza la fa la Fiom, ma questo non è sufficiente: la mancanza di una sponda politica è ormai un problema non più rinviabile, sosteniamo la Fiom nella lotta ma proponiamo anche che a partire dalla forza che sa mettere in campo nasca il percorso per un partito o un polo della sinistra di classe, fuori dalle logiche governiste, capace di unire tutte le forze disponibili con la prospettiva di uscire dal capitalismo e dalla sua crisi. Ci rivolgiamo per questo a tutte le forze politiche, sindacali, associative, ai singoli militanti di sinistra che in questo referendum si sono schierati per il NO per lavorare a questa prospettiva oramai non più rinviabile.
Gli schieramenti che si sono determinati a Pomigliano e Mirafiori sono gli stessi che fanno da spartiacque nella società: da una parte con il SI chi pensa di scaricare la crisi sulle classi subalterne, dall’altra con il NO chi si batte per rovesciare i rapporti di forza nel paese perché a pagare siano le grandi concentrazioni di ricchezza che si sono accumulate negli ultimi 20 anni sulla testa dei lavoratori.
Oggi grazie ai lavoratori di Pomigliano, Melfi, Mirafiori comincia la riscossa delle classi oppresse di questo paese.
Primi firmatari:
Domenico Loffredo (Rsu Fiom, Fiat Pomigliano), Matteo Parlati (Rsu Fiom, Ferrari Modena), Giuseppe Violante (Rsu Fiom, Maserati Modena), Giovanni Rivecca (operaio Sata Melfi, direttivo regionale Fiom Basilicata), Paolo Brini, Antonio Santorelli (Comitato Centrale Fiom Cgil), Paolo Grassi (direttivo nazionale
Nidil Cgil), Samira Giulitti (Rsa Fisac Direct Line Milano, direttivo nazionale Fisac Cgil), Mario Iavazzi (direttivo nazionale Fp Cgil), Diana Terzi (direttivo nazionale Flc Cgil), Ezio Casagranda (direttivo nazionale Filcams Cgil, segretario Filcams Trento).
Info: 3392107942 • Facebook: Appello operaio per la manifestazione del 16 ottobre
Per adesioni: appelloperaio16ottobre@gmail.com
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