Dopo l’onda del 2008 le manifestazioni studentesche hanno ripreso a scandire la politica italiana, con la Fiom.
Il movimento di studenti universitari e della scuola secondaria, dei giovani precari, dei lavoratori e dei cittadini dei territori più disagiati si sono dati appuntamento (dopo lo sciopero della FIOM del 16 ottobre) il 14 dicembre in piazza del Popolo a Roma, per protestare contro le misure reazionarie e antioperaie del governo Berlusconi, come risposta da destra alla crisi irreversibile di questo sistema.
La manifestazione, promossa dal tavolo “Uniti contro la crisi” e sostenuta dai vari partiti della sinistra extraparlamentare, movimenti e associazioni, chiedeva invece al governo una sola cosa: dimissioni immediate! Al punto che Gianni Rinaldini, ex segretario della Fiom e ora leader dell’area “la Cgil che vogliamo”, in dissenso con l’impostazione concertativa della Camusso ha chiaramente detto dalle colonne di Liberazione del 3 dicembre di voler “evitare che il dissenso al governo Berlusconi si concluda in una vertenza parlamentare”, ma di lavorare per una sfiducia dal basso indicando lo strumento dello sciopero generale.In questa manifestazione, che si inseriva in tutte quelle realizzatesi in questi ultimi anni caratterizzati da un risveglio del conflitto sociale, abbiamo visto studenti e diverse categorie di lavoratori manifestare davanti Montecitorio per chiedere di avere un lavoro e un futuro certo e dignitoso.
Ma come si evince dalla giornata del 14 le uniche risposte ricevute sono state solo manganellate, arresti (23 nel giro di 48, salvo dissolversi come bolle di sapone visto che non si aveva a che fare con black block, professionisti del terrore o assassini) e promesse, da parte di Gasparri, di arresti preventivi. Una vera e propria ipocrisia, quella di chi in un passato non troppo lontano organizzava sotto le insigne della fiamma tricolore, violenze di piazza e “assalti al parlamento”, come quanto avvenuto nell’aprile del 1993, non molto tempo prima dello sdoganamento berlusconiano.
Queste derive autoritarie, compresa l’estensione del Daspo (acronimo di divieto di accedere alle manifestazioni sportive, anche a quelle di protesta) da parte di Maroni e la patetica sfuriata del suo compare “Ministro della Guerra” La Russa contro quei “vigliacchi” che non la pensano come lui, sono manifestazioni di un carattere sempre più fascista di questo governo che, attraverso la demagogia incanta i suoi elettori, con le sue leggi attacca i diritti dei lavoratori di oggi e di domani e favorisce gli imprenditori che si prodigano in questo, con la repressione, attuata da forze dell’ordine mal pagate, cerca di zittire coloro che hanno in mente una società più equa e non piegano la testa.
Gli infiltrati della polizia (non smetteremo mai di ringraziare Kossiga per questo!) e qualche provocatore hanno fatto il loro sporco lavoro, ma tutto questo non spiega il perché di una rivolta, a tratti violenta, che si sta generalizzando nel paese, e quindi gli scontri che sono scoppiati in una Roma pre-natalizia.
Prima di criminalizzare il movimento, si dovrebbe capire quanto è stato tolto in tutti questi anni a un’intera generazione in termini di distruzione dei contratti di lavoro e del diritto allo studio.
Ma al tempo stesso, da marxisti, e per il bene del movimento, dovremo farci portavoce di forme di lotta che superino l’impostazione anarchista dell’azione diretta (di chi e contro che cosa?) con forme più incisive che ritroviamo nella storia del movimento operaio.
Misure come il servizio d’ordine per allontanare gli infiltrati e isolare gli infantili, purtroppo presenti, devono essere all’ordine del giorno insieme alla necessità di vedere nell’unità con i lavoratori la possibilità di praticare la vera azione diretta: quella del blocco del paese con lo sciopero prolungato ad oltranza e con l’occupazione dei centri della produzione.
La Cgil deve lavorare in questa direzione se vuole che la rabbia accumulata da più parti si organizzi in una risposta collettiva per riprenderci tutto.
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