La rincorsa alla premiership, il Mattarellum, l’assenza di risposte alla crisi e l’altro 1° ottobre (elettoralista).
Mentre si registrano continue adesioni all’appello anticapitalista “Dobbiamo fermarli!” in vista dell’incontro nazionale del primo ottobre e della mobilitazione europea lanciata per il 15 ottobre dal movimento degli “indignados” in Spagna, qualcuno pensa di fare altro: «il 1° ottobre noi di Sinistra ecologia e libertà prepariamoci a riempire una grande piazza di Roma». Ecco un chiaro tentativo di mettersi contro quanto si sta muovendo in questi giorni, tentando di blindare i propri militanti (e ce ne sono tanti onesti e combattivi all’interno di Sel) attraverso la separazione degli eventi, cercando di impedire che qualcosa di indipendente dal centrosinistra possa sorgere.
Quanto si legge nel sito di Sel mostra un Vendola ossessionato dalle architetture elettorali, alle quali subordinare tutto il resto. Si parte perciò da una riflessione sull’attuale crisi per limitarsi poi a proporre, sempre in vista del primo ottobre, una battaglia sulla legge elettorale. «Abroghiamo il porcellum, cancelliamo una legge-vergogna, poniamo il tema di un nuovo sistema elettorale. Non vedere la crisi della democrazia, non reagire alla crisi della democrazia, comporta conseguenze assai gravi per la qualità e la moralità della politica. Organizziamo banchetti, chiediamo le firme, parliamo con i cittadini, segniamo la presenza di una politica capace di ascoltare. Prepariamoci all’autunno. Prepariamoci a tornare in piazza, accanto ai movimenti, con i giovani, lavoriamo perché l’indignazione diventi energia politica e culturale». Come i commenti di alcuni militanti di Sel (in coda all’articolo) fanno notare, questa impostazione dimostra una mancanza di analisi a riguardo della crisi, delle politiche padronali, delle conseguenze sulle classi subalterne. Un «vuoto di iniziativa politica» dice un compagno nei commenti. «Vorrei che il mio partito dicesse qualcosa sul vergognoso “patto per la crescita”, sottoscritto incredibilmente anche dalla Cgil», un altro ancora. Ovviamente prendiamo solo i commenti che di compagni che “storcono il maso”, sia per ragioni di spazio, sia per dimostrare che Sel non sia un’organizzazione esclusivamente composta da esaltati fan del nuovo leader della sinistra e delle sue narrazioni. Ma non si interviene solo per denunciare questa mancanza; lo si fa anche entrando nel merito della battaglia anti Porcellum. Vendola non sosterrà infatti la raccolta firme per i referendum proposti da Stefano Passigli e altri (in direzione proporzionalistica), bensì quella per il ritorno al sistema maggioritario Mattarellum insieme a Di Pietro, Veltroni e prodiani. Oltre a privilegiare un sistema elettorale che si pone l’obiettivo di ingabbiare la sinistra nelle coalizioni che abbiamo conosciuto, dai commenti appare un certo fastidio sull’operazione politicista, finalizzata alla leadership e peraltro non da tutti condivisa in Sel (Gianni, Musacchio, Lombardi, Sentinelli etc...). Ma il punto è un altro: per quanto importanti siano le leggi elettorali, è questa la priorità di fronte alla prospettiva del governo unico delle banche? Riportiamo un ultimo commento pur non condividendone l’auspicio: «Se ad ottobre saremo in piazza da soli sarà una grande sconfitta». Noi ovviamente vorremmo che il primo ottobre si decida in massa per essere presenti al primo appuntamento e proprio per questo, nel nostro piccolo, invitiamo i sinceri militanti di Sel a non essere soli. Oggi finalmente si pongono le basi per un fronte unico della sinistra che inizi a dare delle risposte alla crisi economica ma anche alla crisi irreversibile del sistema politico italiano: non pagare il debito; tagliare le spese militari cessando ogni missione di guerra; garantire giustizia e diritti per tutto il mondo del lavoro; partire dai beni comuni per costruire un diverso modello di sviluppo; partire dalla lotta alla corruzione e a tutti i privilegi di casta, per riconquistare il diritto a decidere e a partecipare affermando ed estendendo i diritti garantiti dalla Costituzione. Cinque punti che non faranno mai parte dell’agenda politica di un Pd sempre più confindustriale. Vale la pena cambiare. O no?
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