QUANDO IL RAZZISMO È DI CASA IN SARDEGNA

Quando lo status e la provenienza sono una scusa per manifestare un razzismo ormai interiorizzato.

Leggere le cronache locali circa sindaci e cittadini vogliosi di apparire sui giornali sul piede di guerra contro le “orde” tunisine è veramente qualcosa che dovrebbe fare riflettere. I commenti che dimostrano l’amnesia più totale dei diversi motivi che spingono i popoli, come il nostro, ad emigrare in massa, devono essere respinti con forza se non vogliamo fare della nostra terra di migranti una culla del razzismo e dell’intolleranza.

Non abbiamo nessun motivo di difendere un governo, quello italiano, che prima fa accordi con la Libia di Gheddafi sul blocco dell’immigrazione (grazie a nostre tecnologie radar e a loro veri e propri lager infernali) e poi gestisce in modo del tutto inappropriato un’emergenza come questa (basti pensare al consistente numero di bambini lasciati per strada in barba alla “Convenzione internazionale dei diritti del fanciullo” sottoscritta anche dall’Italia) tra suppliche destinate alle altre potenze belliche finalizzate a non gravarci da soli questo “peso” e gli altolà della Lega nord.
Vogliamo essere ancora più chiari: condanniamo nella maniera più risoluta l’operazione politica e mediatica del governo: ovvero quella di dislocare massicciamente i migranti nella piccola isola di Lampedusa, proprio come fatto fino ad ora, per veicolare il messaggio dell’invasione, pronto ad essere utilizzato in chiave di consensi. Non è un caso che a un recente sondaggio di Sky Tg24 che chiedeva l’approvazione all’opinione di Bossi - «io gli immigrati li caricherei e li porterei indietro» - l’81% delle risposte era favorevole.
Ora, tutto quello che non accade a Lampedusa, dove in questi giorni mai violenze né razzismi hanno avuto cittadinanza (e non da ora: celebre la protesta del 2009 portata avanti unitariamente da lampedusani e immigrati contro le reazionarie politiche di accoglienza e di gestione dei flussi), pare che sia di casa qui in Sardegna. Il non volere tunisini ma solo libici è delle due l’una: o una scorciatoia pilatesca per chi è cosciente che il flusso migratorio libico si muove verso gli stati confinanti (Tunisia ed Egitto) e che quindi via mare è più probabile arrivino i tunisini, oppure è una considerazione che si basa sulla falsa divisione tra il clandestino e il richiedente asilo. Che questa distinzione sia arbitraria è dimostrato da molti casi di cittadini tunisini considerati clandestini secondo gli status da noi imposti, ma divenuti richiedenti asilo solo perché c’era posto nei centri di accoglienza a questi destinati. Hanno così compilato lo specifico modulo C3 all’oscuro di tutto perdendo lo status di clandestino, (reato dal 2009, legge 94), solo “grazie” ad una difetto del sistema. Ma questa distinzione è anche un’ingiustizia perché non tiene conto delle diverse “persecuzioni” (fame, sfruttamento, bassi salari, carovita…) a cui sono sottoposti i popoli del cosiddetto sud del mondo.
Nessuna riflessione da parte dei “nostri” sindaci è stata fatta circa la possibilità della “protezione temporanea” riconosciuta dalle direttive europee in caso di afflussi eccezionali come questo. Nulla di tutto ciò. Anzi, presentare questi tunisini  come dei “potenziali delinquenti” in un’ottica limitata all’ordine pubblico, è un atto di arroganza che ha eguali solo nell’ingiusto trattamento subito da sardi e meridionali nel nord Italia, e italiani in generale in Germania e altre nazioni nei momenti in cui si scappava “pro su famine”.
A questi sindaci vorremo chiedere se per loro sono più pericolosi questi cittadini tunisini o le basi militari che qui in Sardegna stroncano sul nascere un’economia di pace rispondente alle esigenze locali, che ammalano la popolazione circostante, e che sono utilizzate per far decollare gli aerei della morte per una guerra votata, in modo bipartisan, dai loro partiti di riferimento. Gli stessi partiti che hanno sostenuto dittature, come quella ventennale di Ben Ali, che hanno mandato in rovina un intero popolo come quello tunisino che ora cerca di trovare un futuro migliore esattamente come i nostri padri.
Le sinistre devono rifuggire da questi schemi anche riunendo i loro amministratori locali, per dare una risposta a questo schifo. 

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