la nascita di “Un’altra Sardegna”, la frammentazione della destra italiana e il ruolo del terzo polo
Nella novità assoluta nel panorama politico italiano, con una crisi politica che distrugge gli schieramenti così come li abbiamo conosciuti negli ultimi 16 anni, quanto accade in Sardegna non rappresenta una specificità e la nascita dell’associazione “Un’altra Sardegna” - esperimento del quale non possiamo prevederne gli esiti - lo dimostra. Ma partiamo da Roma.
Il terzo polo nazionale, che in questi giorni ha confermato l’alleanza tra Fini, Rutelli e Casini, nasce non per le vicende personali del cavaliere, ma come richiesta neanche tanto velata dei padroni Italiani insoddisfatti del governo Berlusconi. Rimane immutato il giudizio sul carattere reazionario e antioperaio di questo esecutivo (il peggiore in assoluto dal dopoguerra), ma i padroni di questo paese vogliono molto di più. Sono del resto pubbliche le dichiarazioni di Marcegaglia e Montezemolo i quali vorrebbero quelle riforme strutturali per distruggere quanto fino ad ora rimane di welfare e diritti. In questo contesto si colloca il “carpe diem” di Fini e della sua nuova formazione Futuro e Libertà. Ma questa non è l’unica proposta in campo nella crisi del berlusconismo. All’interno del Pdl stesso la successione scatenerà una guerra intestina con Formigoni che dall’avamposto lombardo, grazie anche ai legami con Comunione e Liberazione e la Compagnia delle Opere, mira a prendere le redini del partito e al tempo stesso a contrastare il dominio della Lega al nord. Scaramucce tra le due formazioni possiamo vederle anche per le prossime comunali di Milano (la Moratti è odiata dai leghisti) e già da ora in Veneto tra Zaia e Galan. Ma la regionalizzazione investe anche le regioni del sud anche grazie alla manovra finanziaria di Tremonti che ha ridotto drasticamente i trasferimenti delle risorse alle regioni. Per questo vediamo come molti boss locali diano vita a delle forze politiche che con il loro costituirsi demoliscono un centrodestra fino a non molto tempo fa più che compatto: così, oltre all’Mpa di Lombardo e a “Io sud” di Poli Bortone in Puglia, vediamo nascere in Sicilia “Forza del Sud” dell’ex Pdl Miccichè e in Sardegna, appunto, l’associazione “Un’altra Sardegna” promossa da Roberto Capelli (ex Udc e ora con l’Api di Rutelli), il sardista Paolo Maninchedda, Pierpaolo Vargiu dei Riformatori, Matteo Sanna di Fli e Franco Cuccureddu dell’Mpa. Un vero e proprio terzo polo in salsa sarda che inizia a dare i primi fastidi a Cappellacci, tra spostamenti da una parte all’altra del centrodestra e minacce. Questi signori parlano della Sardegna come laboratorio politico, ma nella novità della crisi del berlusconismo, questa ricomposizione non ha nulla di specifico. Perché è in Sicilia che vediamo quel laboratorio politico sintetizzato con lo schieramento che sostiene il quarto governo Lombardo: Mpa, Api, finiani, una parte dell’Udc e persino il Partito Democratico!!! Certo, la Sardegna, come la Sicilia, è una regione a statuto speciale (quindi ci sono più soldi da spartire) e questo consente maggiori sperimentazioni in campo politico al punto che effettivamente il terzo polo possa costituire in tutta Italia quell’ago della bilancia (date anche le percentuali dei recenti orientamenti di voto) per i prossimi governi nazionali: e questo a prescindere che il prossimo sia un governo tecnico che nasce in questa legislatura, oppure un governo di larghe intese data l’ingovernabilità che ne scaturirebbe qualora si andasse alle urne con questa legge elettorale. A questo punto, sepolta una volta per tutte la veltroniana “vocazione maggioritaria”, per il Pd si aprirebbe quella prospettiva di riformare il paese, ovvero di rappresentare al meglio gli interessi di Confindustria, assieme al nascente terzo polo. Se non ora, quand’è che la sinistra inizierà quel cammino, certamente faticoso, ma necessario fondato sull’indipendenza di classe per rappresentare al meglio gli interessi dei lavoratori di questo paese? La sinistra isolana potrebbe e dovrebbe fare di questa opzione il suo vero “laboratorio politico” da presentare all’intera sinistra italiana.
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Il terzo polo nazionale, che in questi giorni ha confermato l’alleanza tra Fini, Rutelli e Casini, nasce non per le vicende personali del cavaliere, ma come richiesta neanche tanto velata dei padroni Italiani insoddisfatti del governo Berlusconi. Rimane immutato il giudizio sul carattere reazionario e antioperaio di questo esecutivo (il peggiore in assoluto dal dopoguerra), ma i padroni di questo paese vogliono molto di più. Sono del resto pubbliche le dichiarazioni di Marcegaglia e Montezemolo i quali vorrebbero quelle riforme strutturali per distruggere quanto fino ad ora rimane di welfare e diritti. In questo contesto si colloca il “carpe diem” di Fini e della sua nuova formazione Futuro e Libertà. Ma questa non è l’unica proposta in campo nella crisi del berlusconismo. All’interno del Pdl stesso la successione scatenerà una guerra intestina con Formigoni che dall’avamposto lombardo, grazie anche ai legami con Comunione e Liberazione e la Compagnia delle Opere, mira a prendere le redini del partito e al tempo stesso a contrastare il dominio della Lega al nord. Scaramucce tra le due formazioni possiamo vederle anche per le prossime comunali di Milano (la Moratti è odiata dai leghisti) e già da ora in Veneto tra Zaia e Galan. Ma la regionalizzazione investe anche le regioni del sud anche grazie alla manovra finanziaria di Tremonti che ha ridotto drasticamente i trasferimenti delle risorse alle regioni. Per questo vediamo come molti boss locali diano vita a delle forze politiche che con il loro costituirsi demoliscono un centrodestra fino a non molto tempo fa più che compatto: così, oltre all’Mpa di Lombardo e a “Io sud” di Poli Bortone in Puglia, vediamo nascere in Sicilia “Forza del Sud” dell’ex Pdl Miccichè e in Sardegna, appunto, l’associazione “Un’altra Sardegna” promossa da Roberto Capelli (ex Udc e ora con l’Api di Rutelli), il sardista Paolo Maninchedda, Pierpaolo Vargiu dei Riformatori, Matteo Sanna di Fli e Franco Cuccureddu dell’Mpa. Un vero e proprio terzo polo in salsa sarda che inizia a dare i primi fastidi a Cappellacci, tra spostamenti da una parte all’altra del centrodestra e minacce. Questi signori parlano della Sardegna come laboratorio politico, ma nella novità della crisi del berlusconismo, questa ricomposizione non ha nulla di specifico. Perché è in Sicilia che vediamo quel laboratorio politico sintetizzato con lo schieramento che sostiene il quarto governo Lombardo: Mpa, Api, finiani, una parte dell’Udc e persino il Partito Democratico!!! Certo, la Sardegna, come la Sicilia, è una regione a statuto speciale (quindi ci sono più soldi da spartire) e questo consente maggiori sperimentazioni in campo politico al punto che effettivamente il terzo polo possa costituire in tutta Italia quell’ago della bilancia (date anche le percentuali dei recenti orientamenti di voto) per i prossimi governi nazionali: e questo a prescindere che il prossimo sia un governo tecnico che nasce in questa legislatura, oppure un governo di larghe intese data l’ingovernabilità che ne scaturirebbe qualora si andasse alle urne con questa legge elettorale. A questo punto, sepolta una volta per tutte la veltroniana “vocazione maggioritaria”, per il Pd si aprirebbe quella prospettiva di riformare il paese, ovvero di rappresentare al meglio gli interessi di Confindustria, assieme al nascente terzo polo. Se non ora, quand’è che la sinistra inizierà quel cammino, certamente faticoso, ma necessario fondato sull’indipendenza di classe per rappresentare al meglio gli interessi dei lavoratori di questo paese? La sinistra isolana potrebbe e dovrebbe fare di questa opzione il suo vero “laboratorio politico” da presentare all’intera sinistra italiana.
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